Le soluzioni proposte per la tutela del mare dal Commissario alla Pesca dell’Unione europea e presentate al Consiglio consultivo regionale per il mediterraneo (MEDAC), riunitosi a Barcellona la scorsa settimana, vanno in una direzione diversa rispetto a quanto auspicato da Alleanza delle Cooperative pesca e acquacoltura.
«Il Piano d’azione dell’UE per proteggere e ripristinare gli ecosistemi marini per una pesca sostenibile e resiliente arriva dopo una lunga attesa ma non centra l’obiettivo. Invece di dare vita ad un pacchetto di interventi efficaci contro le maggiori minacce per i mari come l’inquinamento, il riscaldamento degli oceani, la plastica o il cambiamento climatico, propone un nuovo giro di vite contro gli attrezzi da fondo, penalizzando ulteriormente la pesca a strascico che in Italia rappresenta il 20% della flotta, garantendo però l’80% della produzione». L’associazione commenta così la proposta della Commissione europea, che suggerisce una tabella di marcia per eliminare gradualmente la pesca di fondo, come lo strascico, in tutte le aree marine protette entro il 2030, prevedendo una eliminazione degli attrezzi mobili di fondo nel 30% delle acque dell’UE.
«Per l’Italia il divieto di pesca a strascico nelle aree marine protette non è una novità, ma un dato di fatto visto che da sempre non si pratica quel tipo di pesca. Ma l’Europa vuole alzare l’asticella dei divieti aumentando gli spazi soggetti a protezione, così da lasciare poco margine di lavoro alla pesca professionale», conclude l’Alleanza.
Presente alla riunione del MEDAC, come delegato di Legacoop Agroalimentare nazionale, anche Antonio Gottardo, responsabile del settore Agroalimentare di Legacoop Veneto: «L’applicazione delle misure proposte dalla Commissione europea causerebbe nell’Alto Adriatico una diminuzione della flotta di circa il 30/35%. Parliamo di una riduzione nel numero di imprese, con ovvie ricadute sugli addetti del settore e su tutto l’indotto economico». Gottardo sottolinea così gli effetti della misura europea nel nostro mare e aggiunge: « La conseguente riduzione nella disponibilità di prodotto locale ci costringerebbe ad aumentare le importazioni da Paesi extra Ue, che spesso pescano nel Mediterraneo senza però rispettare le nostre stesse regole sul rispetto dell’ecosistema. Avremmo così sulle nostre tavole più pesce d’importazione e da filiere meno sostenibili».