Fra le centinaia di vertenze aperte in Veneto ci sono anche storie di speranza, portatrici di spiragli di luce per le tante persone che hanno iniziato questo 2014 con l’incubo disoccupazione. E in questo difficile scenario la cooperazione si riconferma una possibile soluzione di uscita dalla crisi.
Un esempio fra tutti è quello di CSD-Cooperativa sociale disoccupati di Este (Padova), nata dal burrascoso epilogo di una delle numerose crisi aziendali del nostro territorio: quella della G&S Montaggi, attiva nel settore montaggi scaffalature e scaffali per magazzini.
La storia. A novembre 2012 la titolare dell’azienda cede le quote; partono le lettere di licenziamento: alla fine della cassa integrazione, il mese successivo, tutti a casa. Si attiva subito il sindacato e viene aperta la vertenza. Quando arriva il momento di rintracciare il nuovo proprietario, però, ci si trova davanti a un fantasma: sempre irreperibile. A metà aprile 2013 gli ex dipendenti occupano in assemblea permanente il capannone aziendale, trovandolo in condizioni di totale degrado, con buona parte del materiale sparito. Racconta Jeanluc Maron, 42 anni, allora rappresentante Fiom Cgil in G&S e oggi amministratore unico di CSD, di cui è fra i soci fondatori: «A quel punto è stato piuttosto chiaro a tutti che, dopo l’acquisizione, la G&S e la sua struttura erano state utilizzate come testa di ponte per attività più o meno illecite, con un mucchio di debiti e problemi».
Messo tutto a verbale, è nominato un curatore fallimentare e si ottiene il permesso di utilizzare intanto il capannone come sportello sociale contro la crisi. Alla vicenda si interessano la Provincia di Padova, la Camera di Commercio di Padova, i Comuni di Este e Carceri, la Fiom Cgil e Legacoop Veneto.
Il 13 giugno, Jeanluc e altri quattro ex lavoratori fondano CSD-Cooperativa sociale disoccupati, nell’ambito di un progetto ampio (che vede coinvolti gli attori sopracitati) volto all’inserimento lavorativo di soggetti svantaggiati: ove per “svantaggiati” – e questo è l’aspetto fortemente innovativo – si intendono anche le persone disoccupate. «La sfida è proprio questa – spiega Maron -: arrivare al riconoscimento formale dei lavoratori che hanno perso il posto quali “portatori di un disagio”, così come già riconosciuto dalla Comunità europea ma non ancora dalle istituzioni italiane».
Oggi la cooperativa opera come una sorta di “pronto casa”, con un’offerta a trecentosessanta gradi che va dal giardinaggio alla potatura, dagli sgomberi ai traslochi, dai servizi di idraulica alle attività di imbianchino, passando per riparazioni e recupero biciclette, con un’attenzione particolare al riuso. Conta 12 soci in tutto, e oltre a 2 persone svantaggiate (così come definite dalla legge) sono state assunte anche altre 3 persone disoccupate; in progetto ulteriori inserimenti nel 2014, grazie a nuovi appalti in arrivo e l’espansione nel campo dei servizi cimiteriali.
«Abbiamo stretto i denti e ci siamo rimboccati le maniche mettendoci anche del nostro, ad esempio rinunciando a parte dello stipendio quando è stato necessario acquistare il furgone o i primi materiali – racconta sempre Maron -, o fare fronte alle tante spese per la formazione o gli adeguamenti necessari a partecipare ai bandi. Ma la nostra vera forza è stata fare rete con tutti gli attori del territorio, lavorare in sinergia per un progetto condiviso. È questo stesso network che ci ha sostenuti anche nella trattativa con gli istituiti bancari. Così la cooperazione è diventata per noi una possibile risposta alla crisi, e insieme un progetto di vita».
Un’esperienza, quella della CSD, la cui portata innovativa è stata notata anche dall’Europa: lo scorso novembre, a Bruxelles, è stata infatti presentata come best practice in un convegno dedicato al tema “Investire in idee intelligenti per l’occupazione e l'integrazione dei giovani” (Rete Elisan, in collaborazione con il Comitato delle Regioni e il Comitato economico e sociale europeo).