Si è tenuto lo scorso 3 novembre a Padova il quinto Congresso regionale delle cooperative sociali di Legacoop Veneto, un evento che ha coinciso con un anniversario importante, ossia il trentennale della promulgazione della legge 381 che proprio nel novembre 1991 istituiva la cooperazione sociale.
Nel corso del congresso è emerso come anche per le cooperative sociali venete, la pandemia di Covid-19 sia stata un banco di prova importante. Lo scenario drammatico le ha costrette a ricalibrare servizi e progetti, strumenti e modalità di gestione, senza però perdere di vista l’unicità della loro identità, che combina il valore mutualistico dei soci con la capacità di generare un valore, un impatto positivo sull’intera società. E la pandemia ha pure permesso di puntare una luce sul loro indispensabile lavoro: sul loro essere laboratorio d’innovazione sociale nel welfare, come anche sulla capacità di comprendere i bisogni delle comunità, molto spesso in anticipo rispetto alle amministrazioni pubbliche e alla politica.
In questo ultimo anno le cooperative sociali sono rimaste un presidio importante coi loro servizi per l’infanzia e gli anziani, la salute mentale e la disabilità, tramite l’assistenza come nelle strutture (rsa, comunità alloggio, asili nido…), rimodulando i servizi chiusi e assicurando, comunque, quelli essenziali. E facendo fronte in autonomia, in tutta la prima fase, alla mancanza di dispositivi sanitari e di protocolli di sicurezza.
«È un ruolo mantenuto con tanta fatica, coraggio e responsabilità, per continuare a offrire servizi indispensabili, e non differibili, alle famiglie e alle comunità – ha sottolineato Loris Cervato, responsabile del Settore sociale di Legacoop Veneto – e per salvaguardare la propria tenuta economica e occupazionale». «Un settore che nella crisi connessa all’emergenza pandemica ha potuto “resistere” perché aveva prima saputo strutturarsi dal punto di vista imprenditoriale, anche qualificando il proprio management, e mantenere saldo il radicamento sul territorio».
Nonostante le grandi difficoltà affrontate – che hanno portato a un calo di fatturato del 30% rispetto al 2019 per molte cooperative di tipo A, messe in ginocchio dalla pandemia –, il mondo delle imprese del settore sociale di Legacoop Veneto ha, infatti, complessivamente tenuto e l’occupazione è stata tutelata.
Come ha raccontato il presidente di Legacoop Veneto Adriano Rizzi: «In un momento storico difficile e drammatico, la cooperazione sociale ha saputo diversificare le attività, innovare i servizi e cambiare l'organizzazione: anche laddove le strutture erano chiuse e i servizi sospesi, gli operatori si sono organizzati per dare una risposta alle persone in difficoltà e alle famiglie con problematiche sempre più pesanti, in un contesto in cui restava incerto se le stesse prestazioni sarebbero state pagate».
È un sistema, quello delle coop sociali associate a Legacoop Veneto, che conta oggi complessivamente 97 imprese, di cui 53 cooperative sociali di tipo A (che forniscono, cioè, servizi sociosanitari, formativi ed educativi) e 31 di tipo B (che si occupano dell’inserimento nel mondo del lavoro di persone in situazioni di fragilità), 11 plurime di tipo A e B e 2 consorzi. I soci, tra lavoratori e volontari, sono 13.500, mentre sono 12mila i lavoratori e le lavoratrici. Infine, tocca la soglia di oltre 360 milioni il valore della produzione, per un patrimonio netto globale di circa 77 milioni (dati aggiornati al 31/12/2020). Circa 180mila i destinatari dei loro servizi e progetti, che coinvolgono persone in difficoltà, famiglie, comunità.
Anche ora, in tempo di ripartenza, le cooperative sociali restano soggetti cruciali, tanto che il Governo italiano le ha inserite a pieno titolo nel Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) quali portatrici di valore e vera risorsa per le comunità locali, integrandole, in sinergia con il mondo del volontariato e con la pubblica amministrazione, nella progettazione e pianificazione di servizi di welfare innovativi. «Lavorare con il metodo della coprogettazione sui territori, anziché con lo strumento delle gare d’appalto al massimo ribasso che ha ormai da tempo ampiamente palesato le sue criticità – ha rimarcato Loris Cervato –, è quanto chiediamo a gran voce alle istituzioni locali per poter rispondere insieme in maniera ancor più puntuale ed efficace ai bisogni e alle domande dei più fragili e delle comunità».
E accanto a questa della coprogettazione altre sono state le richieste consegnate alla politica locale. A partire dalla necessità di adeguare negli appalti pubblici le tariffe riconosciute per il lavoro degli operatori, sulla base di quanto stabilito per il settore dal rinnovo del contratto nazionale già nel 2019. E ancora, nello specifico versante dei servizi per gli anziani si è chiesto di procedere alla riqualificazione e al miglioramento delle strutture, e all’introduzione dell’accreditamento regionale (oggi riferito alle sole strutture residenziali) delle realtà che erogano servizi domiciliari.
Domande raccolte dall’assessore regionale alla Sanità e al Sociale Manuela Lanzarin, che ha evidenziato come «la cooperazione sociale resti imprescindibile per le politiche sociali e sociosanitarie, soprattutto grazie alla sua capacità di innovare e sperimentare, e sia un attore centrale per cogliere al meglio le sfide prossime, a partire dalla programmazione connessa al PNRR, perché serve ripartire facendo tesoro di quello che è successo nella pandemia, anche nella costruzione di percorsi futuri».
Intervenuta al congresso anche Eleonora Vanni, presidente nazionale di Legacoopsociali, che in tema di transizione ecologica e di PNRR ha evidenziato: «Non può esserci una transizione sostenibile e giusta senza una cooperazione sociale forte e capace di innovarsi. Siamo disponibili a mettere a disposizione di partnership qualificate le nostre esperienze e competenze, e la nostra visione di futuro».
Numerose infine sono state le storie di resilienza e innovazione nella pandemia raccontate al congresso dalle stesse protagoniste: le cooperative sociali.
In allegato il comunicato stampa completo.