L’ex Manutencoop oltre al nome ha cambiato anche bandiera. Anzi: l’ha semplicemente ammainata. Ha deciso che il modello cooperativo non era adeguato a sostenerne la crescita così come la interpretava, ed è quindi uscita da Legacoop. Un addio pesante, ma non inaspettato da parte di Legacoop né sereno da parte di chi lo ha attuato, a giudicare dalle accuse ingiustificate e scomposte a cui si è abbandonato Claudio Levorato, presidente dal 1984.
“È una scelta legittima, ma sicuramente non particolarmente rispettosa degli ottant’anni di vita di questa cooperativa” commenta il presidente di Legacoop nazionale Mauro Lusetti. “Non entro – spiega – nel merito della vicenda, per il quale mi rimetto ai livelli territoriali e settoriali che l’hanno gestita e in cui ho fiducia, ma ci sono alcune cose che devono essere comunque puntualizzate”.
Levorato, tra le altre cose, se la prende con l’inadeguatezza del modello cooperativo rispetto ai mercati d’oggi.
“Verrebbe da dire che forse l’inadeguatezza non è del modello ma di chi non lo ha saputo interpretare correttamente. La riprova sono le 16 cooperative di dimensioni maggiori dell’ex Manutencoop che questa sfida la raccolgono e la portano avanti ogni giorno. Sedici testimonianze che arrivano dalle imprese e si uniscono al parere di economisti come Rifkin e Fitoussi secondo cui il modello cooperativo è quello più adeguato per tener insieme capitale e lavoro, oggi ancor più di ieri”.
La crisi cosa ci ha insegnato, da questo punto di vista?
“Ha confermato quello che ho appena detto. Nella crisi la cooperazione ha sofferto, come tutte le imprese, soprattutto in alcuni settori. Ma ha saputo resistere e reagire più e meglio di tanti altri. Penso all’aumento di occupazione, che abbiamo saputo raggiungere, al radicamento che abbiamo mantenuto e alle decine di imprese che, fallite come società di capitali, abbiamo fatto ripartire come cooperative tra gli ex-dipendenti”.
Ci sono però ‘punti ciechi’ nel modello cooperativo?
“Abbiamo problemi e sfide da affrontare. Uno è sicuramente quello legato al finanziamento dell’innovazione, stante la bassa redditività delle imprese cooperative e le minori opportunità nell’accesso al mercato dei capitali. Sono temi su cui lavorare, insieme, come tante imprese stanno facendo, ogni giorno. Ricette non ci sono, ma le possibili soluzioni non mancano”.
Il presidente Levorato accusa Legacoop di scarsa trasparenza.
“Se vuole essere più preciso, sarò felice di rispondergli. Un’accusa così è solo un modo di alzare polvere, fare un po’ di confusione. Ne avrà sentito il bisogno. Ma nonostante la polvere ci sono problemi che non si cancellano strepitando”.
Quali presidente?
“Penso al rinnovo generazionale. Serve un ricambio nel governo delle imprese cooperative, per avere una governance capace di leggere le nuove sfide del mercato ma anche e soprattutto per garantire davvero la contendibilità delle cariche e dunque la democrazia interna. Sono i soci a decidere, ma se un presidente resta in carica 40 anni, si innesca una sorta di identificazione tra sé e i destini della cooperativa che non va bene. Tutti sono amministratori pro tempore e non a vita”.
Sono in arrivo nuove regole su questi temi?
“Ne abbiamo discusso nei gruppi di lavoro e nella scorsa Direzione nazionale, nella prossima proseguiremo e licenzieremo proposte e documenti che saranno sottoposti al Congresso previsto per la prossima primavera. È un tema fondamentale, non lo eviteremo”.
Fonte: Legacoop.coop