Cosa rischiano i lavoratori dello spettacolo e quali prospettive di ripresa si intravedono per un settore messo a durissima prova dall’emergenza Coronavirus? Quali sono le proposte in campo? E gli insegnanti di musica possono lavorare a distanza? Risponde il presidente di Doc Servizi, Demetrio Chiappa.
Demetrio Chiappa, cosa rischiano i lavoratori dello spettacolo e come si sta muovendo la rete Doc in merito?
I lavoratori dello spettacolo sono le prime vittime della chiusura di teatri e luoghi di eventi e concerti. Si tratta di centinaia di migliaia in tutta italia, che non sono mai stati censiti nella loro globalità, anche perché, per il particolare sistema previdenziale e le carenze di controlli, molti lavorano nel sommerso. Da tempo abbiamo lanciato una campagna denominata “moltiplica la musica” per avere piena contezza di quante realmente siano le persone che vivono di musica e arte. La rete DOC si è dotata della Fondazione Centro Studi DOC per elaborare proposte che siano in grado di risolvere le difficoltà dei propri soci, in particolar modo chiedendo ai ministeri competenti (cultura, lavoro e sviluppo economico) tutele adeguate. I nostri soci sono inquadrati come dipendenti e, in quanto tali, da sempre versano all’erario e agli enti assicurativi e previdenziali tutti gli istituti previsti. Per questo motivo abbiamo richiesto a gran voce che possano aver diritto come tutti i lavoratori di accedere alla Naspi, al FIS (equiparato alla cassa integrazione), alla malattia e a tutte le tutele che sono da sempre diritto di ogni lavoratore. Nello specifico abbiamo chiesto che i lavoratori dello spettacolo possano avere finalmente uno status giuridico specifico, che preveda in primo luogo il riconoscimento delle tutele previdenziali per scongiurare l’abbandono della professione in caso di malattia o difficoltà di settore.
Ma il lavoro nello spettacolo è comunque soggetto al pagamento dei contributi INPS…
Certo. I lavoratori dello spettacolo contribuiscono sia al Fis (Fondo d’Integrazione Salariale in caso di crisi), sia alla disoccupazione (Naspi). L’Inps dispone anche di un cospicuo e milionario fondo ex-Enpals, ma ciononostante per i lavoratori che non sono assunti da fondazioni, cooperative o teatri importanti è quasi impossibile ottenere adeguate prestazioni. Per questo chiediamo che siano riconosciuti con urgenza ai lavoratori dello spettacolo, anche attingendo ai fondi ex-Enpals, protezioni adeguate alla precarietà del settore. Ci tengo a sottolineare che le battaglie che facciamo non vanno a beneficio solo dei nostri soci, ma di tutti i professionisti del settore che hanno scelto la legalità. Sono tanti i gruppi e le associazioni che fino a oggi hanno lavorato in nero o con formule al limite della legalità che adesso chiedono di aderire all’appello per avere quei diritti che fino a ieri avevano snobbato.
Le iniziative a sostegno del settore si stanno moltiplicando, diventando virali su web e social. Cosa funzionerà davvero?
Il web non mente e sui social sono credibili coloro che lo sono anche nella vita reale. Perdonatemi la metafora, ma mi viene in mente la favola dei tre porcellini e la differenza tra chi ha costruito la casa di mattoni e chi l’ha costruita con paglia e fango. Ecco, nel momento di crisi si vede la differenza. Chi non ha voluto capitalizzare la struttura, chi non applica in pieno i Ccnl e gli istituti di legge, ora non può pretendere tutele. Ancora meno chi ha scelto di lavorare restando nel sommerso.
Il governo ha stanziato 7,5 miliardi a sostegno di famiglie e imprese. Il Ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, in conferenza stampa ha ribadito che “nessuno deve perdere il lavoro per il coronavirus”. Quanto è grande il rischio che questo accada nel settore delle imprese culturali e di spettacolo?
I lavoratori dello spettacolo, siano autonomi o dipendenti, sono intermittenti, quindi il lavoro fisso spesso non ce l’hanno, e mai come in questo caso risulta infelice dire che “non hanno niente da perdere”. In realtà è tutto il sistema culturale che sta perdendo, e in un Paese che vive di bellezze culturali e artistiche tutti si trovano nelle condizioni di perdere giornate di lavoro. Si spostano gli eventi e i tour da giugno in poi, ma dobbiamo considerare che nei prossimi mesi i cittadini si troveranno con minori disponibilità economiche e non si potrà accentrare in 6 mesi quello che normalmente si realizza in un anno. Inoltre i cittadini non saranno in grado di frequentare tutti gli spettacoli e concerti che si affolleranno nel secondo semestre.
Nella rete Doc confluiscono, oltre a musicisti, tecnici e creativi, anche insegnanti. È verosimile pensare che la didattica a distanza funzioni anche per la musica?
Stiamo riscoprendo in questi giorni l’importanza di strumenti che ci consentono di frequentarci da remoto. Conferenze, riunioni, e anche didattica a distanza stanno diventando quotidianità. Torneremo sicuramente alle lezioni in presenza, ma sapere che abbiamo nel cassetto ulteriori possibilità di fruizione, sapere che comunque non ci fermiamo, è la nostra consolazione, e allo stesso tempo la nostra condanna. Il Covid-19 ci sta obbligando a rallentare, a volte a fermarci. E questo, solo questo, non è del tutto un male.
Fonte: Docmagazine.it (6 marzo 2020)