La bozza di decreto legge di stabilità 2013-2015 contiene elementi che preludono a un inevitabile peggioramento per i conti delle imprese, già gravate da una situazione economica molto difficile.
Primo fra tutti l’aumento dell’IVA: è evidente che – in una situazione di crisi generalizzata del potere d’acquisto – un aumento dell’IVA non potrà che diminuire ancora la propensione al consumo, effetto che sarà ulteriormente amplificato dalle modifiche sulle detrazioni IRPEF per i redditi superiori a 15 mila euro.
Inaccettabile è poi la riduzione di un ulteriore 5% (e del 10% dal 1 gennaio 2013), degli importi – e delle prestazioni – negli appalti di servizi e di fornitura di beni e servizi da parte delle strutture del servizio sanitario nazionale. Una riduzione che dovrebbe applicarsi a tutti i contratti in essere e per tutta la durata degli stessi. E che si aggiunge ai tagli già intervenuti con i precedenti decreti.
Altrettanto incomprensibile è l’aumento dell’IVA dal 4% al 10% sulle prestazioni sociosanitarie, un nuovo salasso per le disponibilità finanziarie di comuni ed asl che, conseguentemente, potranno fornire meno servizi ai cittadini. Questo si tradurrà in pesanti tagli al welfare – nell’assistenza agli anziani e ai disabili, nell’assistenza domiciliare, nei servizi scolastici, ecc. -, che andranno ad aggiungersi alla drastica riduzione del fondo nazionale per le politiche sociali e alla riduzione del budget del 5% (10% dal 2013) per effetto delle precedenti manovre di revisione della spesa pubblica.
Non vi è dubbio che il rigore dei conti rimanga un impegno necessario: senza, il Paese rischia di ritornare alla drammatica situazione che ha caratterizzato le ultime settimane del Governo Berlusconi. Ma il rigore, se non è accompagnato da politiche di sviluppo, non porta da nessuna parte, se non alla totale mancanza di fiducia e alla cessazione delle imprese, già stressate oltre misura dal ritardo dei pagamenti da parte delle pubbliche amministrazioni, dalla stretta creditizia e dal calo della domanda.
Un funerale cui nessuno di noi intende assistere, per questo chiediamo con forza che vengano iniettate nuove dosi di fiducia nel sistema: innanzitutto va accorciato il ciclo dei pagamenti; poi, i comuni virtuosi vanno messi nella condizione di liberarsi dai vincoli troppo rigidi del patto di stabilità; ancora, occorre intervenire sul cuneo fiscale per recuperare competitività e reddito disponibile, alleggerendo la pressione fiscale.
La spending review non può trasformarsi in un semplice taglio lineare dei servizi, ma deve intervenire sulle inefficienze della pubblica amministrazione, andando nella direzione di una reale riorganizzazione e riallocazione della spesa pubblica, col coraggio di intervenire sugli sprechi e liberando così risorse che permettano di attivare investimenti in beni e servizi sviluppando politiche anti-cicliche.
È semplicemente impensabile che a sostenere il peso della crisi sia esclusivamente l’imprenditoria.
Gianfranco Lucatello, presidente di Legacoop Veneto