La cooperazione sociale fa bene al Paese: difendiamone i valori
Gli avvenimenti di questi ultimi mesi hanno fortemente minato la credibilità della cooperazione sociale: fatti come quelli di “Mafia Capitale”, e altri più recenti anche nella nostra regione, hanno contribuito a far crescere attorno alla cooperazione sociale un’aura di sospetto e di malaffare generalizzati.
I media da una parte, la politica dall’altra, ci hanno messo ben del loro ad alimentare fortemente la polemica e a fare spesso, tristemente, di tutta l’erba un fascio.
L’azione di Legacoop è stata anche in queste occasioni netta e inequivocabile: in primo luogo ha distinto le responsabilità degli amministratori dall’interesse dei soci delle cooperative, avviando azioni di carattere giudiziario oltre che politico a tutela della cooperazione sana e dei soci. Sul fronte politico, si pensi ad esempio all’impegno messo in campo per la raccolta delle firme a sostegno della proposta di legge di iniziativa popolare contro le false cooperative e a favore della legalità.
La legge potrà rappresentare un grande passo avanti per operare una più netta distinzione tra le cooperative che non rispettano regole e leggi e quelle che, invece, operano correttamente sul mercato creando nuova occupazione.
Inutile nascondersi come la situazione attuale possa arrecare un grave danno alla cooperazione sociale, che per sua natura svolge una funzione pubblica sia nella gestione di servizi sociosanitari ed educativi, sia nell’attività di inserimento lavorativo di persone svantaggiate.
Il rischio è peraltro quello di favorire chi ha sempre cercato di ostacolare la possibilità delle cooperative sociali di operare tramite affidamenti diretti, che - lo ricordo - sono finalizzati all’inserimento lavorativo di persone svantaggiate come previsto e definito dalla legge 381/1991.
Si stima che in Veneto siano più di 4.000 le persone in situazioni di difficoltà sociali inserite nel mondo del lavoro dalle cooperative sociali. Un’attività che passa per forza attraverso la collaborazione (spesso in forma sussidiaria) con l’ente pubblico, in particolare Comuni e Ulss, sulla base di provvedimenti pubblici che variano dalle gare d’appalto agli affidamenti diretti. In entrambi i casi si tratta di procedure a evidenza pubblica (consentite dalla normativa nazionale e regionale) che permettono alle cooperative sociali di inserire nel mercato del lavoro persone svantaggiate, come ad esempio disabili, persone con disturbi psichiatrici, tossicodipendenti e detenuti.
Oggi le procedure pubbliche, come risultato degli scandali di Roma, sono ostacolate da una burocrazia diventata se non ostile, certamente diffidente verso la cooperazione sociale, in un periodo di grande crisi economica che vede gli enti pubblici sempre più costretti a tagliare i servizi. La cooperazione sociale si trova così in difficoltà nel proporsi come possibile soluzione nella ricerca di opportunità lavorative per le persone svantaggiate e fragili.
Confidiamo che l’ampia mobilitazione nata intorno alla campagna - e insieme il grande movimento di opinione e il dibattito serio da essa generati - possano contribuire a riaffermare i valori genuini e fondanti delle imprese cooperative: democrazia, mutualità, rispetto del territorio, centralità del lavoro e della persona.
Sono questi elementi, ancor oggi, a costituire il patrimonio genetico della cooperazione e la sua linfa di vita.
Per tutti noi l’impegno è a proteggerli e a renderli più forti.
Il presidente di Legacoop Veneto Adriano Rizzi
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