La cooperativa sociale Cadore, associata a Legacoop Veneto, è stata “caso studio” dall’Organizzazione internazionale del Lavoro-Ilo (agenzia specializzata che fa capo all’Onu). In occasione della decima edizione dei “Colloqui scientifici sull’impresa sociale” presso l’Università Federico II di Napoli, Roberto Di Meglio, specialista senior dell’Ilo ha presentato il paper “Welfare di comunità”: il caso della cooperativa sociale Cadore”, scritto insieme a Michele Pellegrini, responsabile dei progetti sperimentali della cooperativa.
Oltre a raccontare la storia della cooperativa e le sue principali attività, il documento analizza anche come dal 2009 promuova l’innovazione sociale, favorisca l’inclusione sociale e dia impulso a un’economia sostenibile. La Cadore è descritta come «un’impresa sociale che mutualizza i benefici, contribuendo a dare lavoro e a proporre servizi differenziati alle donne e agli uomini che vivono in un’area composta da 20 Comuni». Si legge anche che «il territorio in cui opera sta vivendo un periodo di difficoltà, nonostante sia inserito in un’area, il NordEst italiano, tra le più ricche d’Europa».
E ancora: «Dare risposte alle necessità della popolazione, che il settore pubblico e privato non è in grado di soddisfare, mediante iniziative come quella della cooperativa bellunese, è un fenomeno molto più diffuso di quanto si creda a livello internazionale. Il documento inserisce poi la Cadore in un contesto più ampio, quello delle politiche pubbliche per promuovere uno sviluppo inclusivo e sostenibile. Il riferimento è anche alle azioni che le Nazioni Unite, e in particolare l’Organizzazione Internazionale del Lavoro, stanno portando avanti per “localizzare”, anche mediante l’economia sociale e solidale, l’Agenda 2030, in relazione all’obiettivo di sviluppo sostenibile sul lavoro dignitoso.
Riflettendo sulla valenza internazionale del paper, il presidente della Cadore Pasquale Costigliola evidenza che «Negli anni non sono di certo mancate le difficoltà e l’obiettivo del benessere delle popolazioni montane – passando per l’inclusione, la creazione di lavoro, l’attenzione al valore del prodotto, alla generatività e non solo alla riduzione dei costi – è parte integrante del complesso impegno che attende tutti noi». «Contribuire a creare il benessere sociale ed economico è un’impresa difficilissima nelle aree montane, in cui il pubblico, il privato e il privato sociale devono avere la capacità di trovare una nuova sintesi. Vale però la pena di continuare a provarci insieme. Fa parte di questo percorso implementare in senso non burocratico, ma coerente con i regolamenti europei a tutela del mercato e della coesione, la recente legge 50/2016 sul codice degli appalti e le concessioni nella pubblica amministrazione».